L’amministrazione Trump ha avviato colloqui con le principali multinazionali farmaceutiche per esplorare strategie volte ad aumentare i prezzi dei medicinali in Europa e in altri Paesi sviluppati, con l’obiettivo di ridurre il costo dei farmaci negli Stati Uniti.
La proposta si inserisce nell’alveo politico della “most-favoured-nation” (MFN), che prevede l’allineamento dei prezzi USA dei farmaci a quelli più bassi praticati nei Paesi OCSE. Secondo quanto riportato da Reuters, la Casa Bianca avrebbe offerto supporto alle aziende nelle trattative con governi esteri, valutando anche l’uso di accordi commerciali e tariffe come leve negoziali.
Il piano trumpiano incontra resistenze: l’industria teme che una compressione dei prezzi statunitensi possa ridurre le risorse per ricerca e sviluppo, mentre diversi leader europei dubitano della possibilità politica di aumentare i listini nei rispettivi mercati.
Alcuni economisti, invece, sostengono che i margini generati dai risparmi negli USA sarebbero sufficienti a mantenere gli investimenti in innovazione, anche senza rincari all’estero.
Per il settore farmaceutico europeo, e in particolare per le aziende con forte esposizione al mercato statunitense, eventuali cambiamenti potrebbero tradursi in pressioni sui modelli di prezzo e in una revisione delle strategie di accesso al mercato.